Da un recente studio condotto dall’Osservatorio di Confartigianato Lombardia, che ha confrontato i prezzi della benzina applicati nei 28 Paesi europei (prezzi al 11/01/2016), emerge come siano i cittadini italiani, secondi solo dopo quelli dei Paesi Bassi, a pagare il più alto prezzo alla pompa, pari a 1,421 euro al litro. Rispetto agli 1,273 euro al litro che si spendono in media in Europa, il prezzo al consumo applicato in Italia è superiore di 0,153 centesimi al litro. Un gap che è determinato dall’alto valore delle accise che fanno salire il costo netto della benzina di 0,728 centesimi al litro e portano il nostro paese sul podio (terza posizione) della classifica europea per più elevato valore di questa voce di tassazione indiretta.
Se al prezzo finale, che ciascun cittadino italiano paga quando fa rifornimento alla propria auto, si va a sottrarre il valore delle accise e dell’IVA, questo si riduce a 0,441 centesimi al litro. Il prezzo della benzina al netto delle tasse non fa più figurare l’Italia tra i primi 10 Paesi del ranking europeo.
La medesima analisi sul prezzo del gasolio mostra in modo ancor più marcato come cambia il posizionamento del nostro Paese nella classifica europea se consideriamo il prezzo al litro al netto o al lordo delle tasse: l’Italia si posiziona al 3° posto per prezzo del gasolio al lordo delle tasse e al 20° posto per prezzo del gasolio al netto delle tasse.
“Dove sta la fregatura? La colpa, ovviamente, è di accise e imposte, che vanificano ogni ribasso. Ancora una volta a spingere all’insù il prezzo del carburante è stata, in particolar modo, la componente fiscale”, commenta il presidente di Confartigianato Imprese Brescia e Lombardia Orientale Eugenio Massetti. Se verso la fine del 2008 il peso dell’Iva e delle accise su un litro di benzina sfiorava i 75 centesimi, attualmente è pari a 1 euro al litro. In termini percentuali l’aumento della tassazione è stato del 32%. Chiediamo al Governo di intervenire e di eliminare tutta una serie di balzelli che gravano sul costo del carburante che non hanno più ragione di esistere, perché i prezzi attuali gravano sulle imprese già penalizzate dal costo dei pedaggi. Un taglio della componente fiscale che oltre agli automobilisti avvantaggerebbe ovviamente anche i piccoli trasportatori, gli autonoleggiatori, i tassisti, i padroncini e gli agenti di commercio per cui, per l’esercizio della propria attività, il carburante costituisce una delle principali voci di costo. Si cominci con intervenire in termini strutturali con la riduzione di almeno 10 centesimi al fine di riportare la tassazione nelle medie europee. In mancanza di ciò il Governo lucrerebbe, come se fosse una compagnia petrolifera».